La distanza di questo post dagli altri, dimostra come i primi ad aver abdicato alle nostre responsabilità di blogger siamo
stati proprio noi che per pigrizie, impegni e forse anche un velato
disincanto, abbiamo smesso di proporre idee. È pur vero che le poche idee
proposte sono rimaste inascoltate o riscaldate da piccoli gruppi di interesse
locale, ma l’unica vera cosa che ci interessa è quella di realizzarle (senza
pretese di paternità o di lucro).
Eppure di argomentazioni in questo primo semestre del 2015 ce ne sono state
diverse anche se ammettiamo che non ci abbiano particolarmente stimolato (o
interessato).
Il porto, il depuratore, l’accesso alla Tonnara (finalmente pubblico), gli
screzi tra la compagine tecnica e politica, i programmi turistici lanciati e
affossati, etc. etc. Molti argomenti spesso trattati dai vari stakeholder con
strumentalità e bassa valenza strategica per Castellammare; ma questo non ci
discolpa dal nostro immobilismo, perché se volessimo essere costruttivi
dovremmo avere la capacità di cogliere in tutto il buono che c’è (o che può
derivarne).
Nell’osservare in silenzio le varie dinamiche, la prima domanda che ci
facciamo è: perché tutto sembra girare verso una piena deresponsabilizzazione ?
Perché ognuno sta abdicando al suo ruolo ?
Ed in forza alla necessità di poter capire cosa c’è di buono anche nell’abdicare,
che adesso vogliamo condividere alcune responsabilità e la loro vacatio.
Si può abdicare alla responsabilità
civile che è quella dei cittadini castellammaresi. Ogni castellammarese sembra
aver abdicato (o tende a farlo) alla sua responsabilità di valorizzare risorse
e peculiarità del territorio. Un atteggiamento prevalentemente denigratorio che
sfocia in un generalizzato (e generico) giudizio negativo e sempre pronto a
trovare la responsabilità (ed il colpevole). Potremmo elencare la cronologia di
foto “tragiche” pubblicate sui social riguardo a strade disastrate, sversamenti
di liquami poco estetici (e salubri), abbeveratoi restaurati secondo logiche
futuristiche, etc. etc. Ovviamente non si vuole chiedere il silenzio alla
critica, ma si ritiene che la sola “critica” diventa chiara volontà di abdicare
da quel ruolo di partecipanti attivi della vita pubblica, assumendo sempre uno spirito
costruttivo e la volontà di mettersi i gioco.
Si può abdicare alla responsabilità
pubblica sia attraverso l’incapacità della classe politica di esprimere un indirizzo serio, strutturato e
soprattutto efficace di governo locale, sia da parte della compagine di tecno-struttura amministrativa che per
sconosciuti motivi ha concorso nel rendere vani diversi sforzi. Proviamo a
capirci !
Parliamo della compagine politica: maggioranze, opposizioni, strutture
consiliari, ruoli apicali della gestione consiliare, ruoli assessoriali,
Sindaco. Ognuno ha abdicato per l’intero (vedi le maggioranze e alcuni ruoli
apicali) alla tutale dell’interesse pubblico. Manca una visione politica di
rilievo ed invece è al contempo chiara la grande confusione che si traduce in
comportamenti opportunistici dei singoli.
Consigli comunali con performance quasi da maestranze circensi (sia se
aperti o chiusi al pubblico), Politici vecchi e giovani che si aggirano tra le
mura di Palazzo Crociferi, senza avere una linea concreta. Ognuno assume la
deriva del “fa per se”, come se fosse un brand di mercato da rivendere per
essere “accattato” alle prossime elezioni, tanto si sà che le cose non cambiano
(e questo significa abdicare al proprio diritto civile di un voto trasparente e
responsabile).
Chiediamo a chi ha abdicato al ruolo
di maggioranza, quali sono gli outcomes sino adesso? Quale è il track
record del programma politico presentato in campagna elettorale ? Come
riusciamo a valutare le cose fatte (piccole o grandi che siano) ? Come possiamo
orientare la collettività nell’essere parte della cosa pubblica ? Come si può essere
responsabili di misure oggettive di risultati per la collettività e, se del
caso, come si va a casa se i risultati non arrivano (per inattività piuttosto
che per under performance) ?
Chiediamo a chi sta pensando di abdicare al ruolo di opposizione, soprattutto ai movimenti di giovani, quali
sono i prossimi passi ? Cosa vogliamo fare per non abdicare al ruolo di “nuova
politica” responsabile ? Come si può aumentare il livello di engagement della
popolazione attiva, rendendo l’associazionismo il vero scudo dell’interesse
collettivo ? Come si aumenta quella trasparenza tanto presente nei programmi
elettorali ? Come si gioca il ruolo di opposizione nel mondo dei social che non
può ridursi a una lamentatio su facebook ?
Chiediamo ai ruoli apicali ma soprattutto al Sindaco, di non abdicare al ruolo di coach pubblico. Troppe cose ci
sono da fare e troppo poco tempo a disposizione (se consideriamo quello già
sprecato sino adesso per conclamati errori nella scelta della squadra). Ma abdicare
adesso sarebbe solo un resa verso chi, con intenzione, ha sempre remato contro
(dentro e fuori il consiglio, dento e fuori le associazioni di categoria,
dentro e fuori Castellammare). Ma se non vogliamo abdicare al ruolo di manager
pubblico dobbiamo accettare una regola aurea del management privato “up or out”… crescere, migliorare o
lasciare ! Abdichiamo agli equilibrismi, allontaniamo piuttosto atteggiamenti
di conciliazione tattica che non arrivano all’indomani, restituiamo al mittente
i compromessi di vecchia politica. Abbiamo apprezzato le parole del Sindaco
Coppola nella sua relazione annuale in cui evidenziava la necessità di un
rinnovamento della politica con modelli non più ortodossi. Non mi pare che tali
dichiarazioni si siano tradotte in azioni a meno di un rinnovato convincimento
del primo cittadino. Suggeriamo di abdicare all’ascolto di sirene contrarie e
ormai panciute, lasciamo il vecchio perché abbiamo molto di nuovo da fare con
molte novità realizzabili e risorse professionali fresche, giovani !
Chiediamo ai tecnici di non
abdicare dal loro ruolo di amministrazione trasparente ed efficiente. Pensare che
non si trovi una soluzione alla realizzazione del Porto, del depuratore, etc. e
pensare che parte del problema sembrerebbero essere le procedure malfatte, l’insipienza,
la strumentalizzazione, può rischiare di essere interpretato come interesse
personale, ma nei fatti resta solo una offesa all’onorabilità di ciascuna
famiglia che vive a Castellammare. Non fare opere pubbliche significa
impoverire un paese, non è solo quello di perdere risorse pubbliche oppure non
avere dei trofei elettorali… impoverisce e basta !
Infine si può abdicare alla responsabilità
del benessere privato che ciascun imprenditore in coscienza dovrebbe
promuovere anche per aumentare il benessere comune attraverso il volano della
competitività del territorio, di nuovi posti di lavoro, di una gestione più
legale del personale dipendente. L’assenza di una diffusa cultura
imprenditorile da sviluppare sul territorio, la miopia di alcuni imprenditori
che assoldano giovani del territorio pagandoli pochi spiccioli e facendoli
lavorare il doppio delle ore previste dai CCNL e soprattutto la difficoltà del
credito per fare impresa, non possono scoraggiare i volenterosi. Abdicare al
ruolo di mecenati della cultura locale non investendo un euro nel miglioramento
delle infrastrutture e delle bellezze paesaggistiche del territorio, sperare
che siano sempre gli altri “a fare” piuttosto che scendere in campo per il
miglioramento del proprio contesto economico, di fatto sottrae risorse utili
che solo con nuovi modelli PPP (Public, Private, Partnership) si possono
ottenere. Una società di servizi pubblico-privata per la gestione della
progettazione, ingegneria ed esecuzione delle opere pubbliche, una società in
house del comune a partecipazione privata per lo sviluppo del distretto delle
tecnologie, dell’agro-alimentare, delle biodiversità marine, sono tutti
risultati potenzialmente raggiungibili ma richiedono imprenditori illuminati. Certo
che illuminato non è chi spende soldi in un territorio che non garantisce
sostenibilità fiscale, che rallenta con procedure bizantine il rilascio di
autorizzazioni a far impresa; ma altresì stolto è chi pensa che fare profitto
con l’ennesimo bar o ristorante sia l’unica alternativa possibile. Portiamo i Living
Labs sul territorio ossia delle nuove forme di co-progettazione d’impresa. “Living
Labs” è un nuovo approccio alle attività di ricerca e innovazione dove l’utente
e le imprese partecipano attivamente al processo di sviluppo e sperimentazione
di nuove soluzioni, destinate al miglioramento socio-economico di uno specifico
territorio. Attraverso lo scambio di idee e di conoscenze e l’aggregazione fra
professionisti, imprese, centri d’innovazione e gruppi organizzati di
cittadini, si definiscono le specifiche di nuovi prodotti e servizi, si
realizzano e valutano i primi prototipi e si sperimentano soluzioni
tecnologiche innovative. Sono oltre 300 i Living Lab in tutta Europa, stimolano
l'innovazione, sono occasione di sviluppo economico, sociale e culturale e
trasferiscono la ricerca dai «pensatoi» verso la vita reale, dove gli utilizzatori
(es. cittadini) diventano “co-sviluppatori”. Visitate il sito http://www.openlivinglabs.eu/
Scusate la digressione sui living labs, ma vedete come è semplice, in
comunità d’intenti, poter suggerire idee di sviluppo e modelli innovativi per
la creazione d’impresa. Non si può abdicare al ruolo di promotori di sviluppo
del territorio, perché farlo sarebbe già ammettere mezza sconfitta sociale. Quindi
le associazioni di categoria che già
fanno molto, devono (e possono) cambiare pelle e devono poter guidare da
protagonisti questo sviluppo facendo da cassa di risonanza delle risorse
economiche degli iscritti per investimenti che abbiano (con chiari business
plan) dei ritorni diretti sul territorio ed indiretti sulle imprese degli
associati. Vanno bene i concorsi di pittura ma serve formazione imprenditorile
che faccia capire come la più semplice attività che è quella dell’accoglienza,
può avere 12 modelli di ospitalità diversi (e quindi di relazione diversa con
il cliente) a seconda della domanda di turismo, del modello di servizio
proposto, dei livelli di pricing. Serve formazione specializzata oltre che
diffusione della cultura, quindi questa dovrebbe essere la priorità e non l’arbitrio.
E allora, cosa fare? Non abdicare !
semplice no ?!
Riprendiamoci le nostre responsabilità, partecipiamo attivamente, ognuno
per il proprio ambito d’interesse nell’ottica di un bene più grande di noi
stessi. Facciamolo per i giovani che non hanno memoria di Castellammare e per i
vecchi che ritengono di essere morti in un paese morto. Facciamolo per le
nostre famiglie affinchè possano vivere in un territorio dignitosamente,
facciamolo per noi stessi affinchè si possa invertire la routinarietà della
critica con un modello più virtuoso di pratica.
Diceva un saggio “per il dono che Dio ci ha dato, possiamo scegliere di non
scegliere ma non possiamo scegliere di non vivere !”.
Castellammare è un dono, scegliamo
di non abdicare !
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